venerdì 26 settembre 2014

Alba di libertà


Fine aprile 1945. Il quindicenne mirandolese Valerio Rebecchi è su una jeep alleata per accompagnare un militare americano di colore che gli ha chiesto indicazioni per raggiungere il cimitero militare costruito sul terreno agricolo adiacente alla chiesa di San Martino Carano.


Mirandola 1945. Il racconto dei fatti 

Sono gli ultimi giorni del mese di Aprile, le porte delle case sono aperte, è una giornata di sole che fa pensare alla primavera,le persone escono sulla strada , cosa che non avveniva da anni.
 Gli anni della guerra non ci sono più, le pattuglie delle brigate nere e dei tedeschi  che controllano ogni movimento della strada.
Il 25 aprile ha cambiato all’improvviso, il modo di vivere. A Mirandola ci sono gli alleati che hanno preso il posto delle brigate nere e dei  tedeschi.
Nella palazzina dell’ asilo delle suore si è insediato un comando americano; entra nella via una jeep militare guidata da un milite di colore dell’ esercito americano, che giunto al nostro gruppo, gli abitanti del codominio di via Francesco Montanari n. 27 chiede in un italiano approssimato per andare al campo del cimitero alleato, io le dico che è molto vicino. Nella frazione a poco più di un km: prossimità della chiesa di San Martino Carano, il militare mi invita a salire sulla jeep, ovviamente per indicargli la strada che à poco più di un km si trova il  cimitero su di un terreno agricolo, si nota per le tante croci bianche con qualche stella di Davide .
Certamente il militare sepolto era  di religione ebraica, il militare alla guida alla vista del campo si ferma e dalla jeep osserva con attenzione il campo con le croci.
Persone che passavano per la strada provenienti  da San Possidonio si fermavano per osservare anche loro questo anomalo cimitero. Chi aveva la macchina fotografica faceva  qualche scatto al cimitero con le croci e alla jeep. Ho chiesto al fotografo testualmente di riprendermi con la jeep.
Il militare alla guida, assolto il suo interesse di  arrivare al cimitero, fa inversione e torniamo sui nostri passi. il giorno dopo, sono ritornato a San Martino Carano,con la macchina fotografica per riprendere il campo del cimitero degli Alleati che diverrà poi la prima di copertina della pubblicazione dello Storico Fabio Montella, unico riscatto:  con mio padre e i miei fratelli, era quando nelle ore notturne ci ponevamo insieme ad ascoltare con il volume molto basso “radio L’unica rivalsa di tutta la famiglia, con mio padre e i miei fratelli, era quando nelle ore notturne ci ponevamo insieme ad ascoltare con il volume molto basso “radio Londra avendo poi l’attenzione di rimettere la sintonia della radio su di un programma italiano, prima di spegnere.
.. ii Mi sono poi  recato  nello studio fotografico di Ennio Marchi di Mirandola di cui mi servivo abitualmente e ho chiesto della foto foto con la jeep. Questa foto che ho conservato per  tanto tempo ma che poi non ho più ritrovato, a distanza di 70 anni sul periodico di aprile dell’Ampi  rivedo quella foto che mi fa rivivere quell’evento io sono in primo piano avevo l’età di 14 anni,. L’emozione è  t anta e non è facile descriverla.
Qui la fotografia diventa un documento una testimonianza importante che  merita un primo posto nel  mio sito. Se fino a quella età 14 anni , non avevo e non sapevo come pensare a un programma di vita futura,
con la fine della guerra, pur con le tante incertezze, si è improvvisamente risvegliata la possibilità di programmare un progetto di vita che riscontravo in coetanei che godevano condizioni familiari e sociali più favorevoli alle mie. con quel poco di scuola di avviamento commerciale ho trovato spazio come contabile e poi  come bancario di  cui  una bella famiglia che con mia moglie e due figli è stato l’impegno costante della mia vita  

Croci USA nella Bassa



Croci Usa nella Bassa - Un libro di Montella sull'arrivo degli alleati a Mirandola
E' un frammento di storia inconsueto e assolutamente poco esplorato, quello del quale si occupa Fabio Montella nel suo ultimo libro edito con il contributo del Comune di Mirandola e intitolato "Alba di libertà. Mirandola e gli Alleati tra Liberazione e Ricostruzione" (Mirandola 2007, 96 pagine, fuori commercio). L'insolito viene annunciato già dalla copertina. La foto che vi compare riproduce infatti il cimitero ricavato in un terreno agricolo nei pressi della chiesa di San Martino Carano e che dal 1945 al 1961 ospitò, sotto centinaia di croci bianche bene allineate, le salme di altrettanti soldati degli eserciti che si affrontarono sul suolo italiano. Quelle dei militari americani vi rimasero tre anni, fino al 1948; i Tedeschi, invece, fino al 1961.
Quel cimitero resta ora solo nei ricordi degli ultra sessantacinquenni e in una targa commemorativa apposta sul luogo il 27 aprile scorso dall'Amministrazione comunale. E si può dire che riassuma le vicende di quei giorni tumultuosi, grosso modo racchiudibili fra il 10 e il 22 aprile 1945, vale a dire fra lo sfondamento della linea Gotica, in Appennino, a opera degli Alleati e la liberazione di tutte le città e paesi della pianura, in molti casi anticipata dalle formazioni partigiane.
Quelli che sono sempre stati liquidati in fretta come "ritirata tedesca verso il Po" e "arrivo degli Americani", qui diventano invece una circostanziata ricostruzione di giorni convulsi e sanguinosi. Nei quali i reparti della Wehrmacht, pur non commettendo qui le efferatezze delle quali si macchiarono in altre località, tennero ben serrati i ranghi, nonostante l'ineluttabile sconfitta. E non rinunciarono a rispondere colpo su colpo agli attacchi portati sia dal cielo, con i bombardamenti e i mitragliamenti alleati, che da terra, dalla sempre più organizzata guerriglia locale. Dunque, rappresaglie, impiccagioni (terribile quella dei sei giovani della comunità di don Zeno, appesi ai lampioni di San Giacomo Roncole in risposta all'uccisione di due militari tedeschi), fucilazioni dopo processi sommari non mancarono di certo in quei giorni, per lo più in risposta alle azioni dei partigiani.
Poi ci fu l'arrivo degli Alleati, accolti festosamente della popolazione, sollevata da un evento che poneva termine ai cupi mesi dell'occupazione, aprendo una pagina nuova di storia dopo il ventennio fascista. La ricerca di Montella, condotta anche su archivi privati e con l'apporto di straordinarie immagini fotografiche per lo più inedite, non trascura la vita cittadina negli anni precedenti il conflitto. Ma dà il meglio sui fatti, molto meno conosciuti, dell'immediatamente prima e dopo la Liberazione di Mirandola: l'organizzazione dei più di mille prigionieri tedeschi catturati, l'allestimento del Comando e dell'ospedale alleato, i Mirandolesi che vi trovarono lavoro, l'ospedale veterinario per i cavalli e i muli messi all'asta una volta curati, gli approvvigionamenti problematici, le incomprensioni con il Comando alleato, le venti uccisioni di ex fascisti detenuti, quelle misteriose di alcuni ex partigiani, le personalità, come il primo sindaco Nino Lolli, che si misero in luce nella ricostruzione, i primi passi dell'Amministrazione comunale.
E poi quello strano cimitero, il più a nord fra i 18 creati in Italia dall'esercito Usa, che arrivò a ospitare fino a 1.514 salme, portate a Mirandola dentro teli bianchi e con i camion da tutti i luoghi degli ultimi combattimenti. Fu smantellato nel 1948, quando i resti dei caduti vennero in buona parte rimpatriati, mentre circa trecento furono trasferiti nel cimitero americano di Firenze. A San Martino Carano restarono solo 334 salme di caduti tedeschi delle cui sepolture e della relativa riconoscibilità, per un paradosso della storia, dovette occuparsi - e le autorità federali tedesche gliene daranno atto - il Comune di Mirandola. Fino al 1961, quando vennero traslate al grande cimitero tedesco del Passo della Futa.

giovedì 25 settembre 2014

Lo zio Lino


Fino a 14 anni avevo vissuto un mondo dai toni grigi.
Rebecchi Lino richiamato militare nel 1914 è sergente della marina di servizio in Sardegna su di una nave quale radiotelegrafista congedato nel  1918, sulla motonave che lo porta alla Spezia muore per le febbre detta “ la spagnola “.
Lo zio Lino era di fatto il capo  famiglia, quel  lutto ha condizionato tutta la famiglia per gli anni 1920
In oltre alla nascita del fascismo , la famiglia era nota per essere dichiaratamente di  ideali socialisti,
pertanto ogni incontro tra la famiglia e esponenti del partito mi portavano il mio pensiero al delitto Matteotti.
Nel giugno del 1934 mia madre muore di parto al quarto figlio di fatto sono stato adottato all’età di tre anni adottato dalle mie cugine Lina e Giuseppina che hanno voluto il mio letto nella loro stanza da letto fino all’età di dieci anni.
La scuola elementare fu segnata da un maestro che veniva in classe in camicia nera e divisa da avanguardista.
l maestro mi aveva assegnato il compito di reperire la radio che la scuola metteva a disposizione delle classi per l’ascolto dei  proclami del Duce.

Segue l’inizio Della grande  guerra 1941 e della  la resistenza partigiana, Mirandola è sulla strada statale n.12.
Abetone-Brennero dove i mezzi militari tedeschi erano in una continua colonia, con soste programmate sotto gli alberi del circondario.
il 25 aprile è stata una data che ha cambiato il modo di pensare il mondo
Io che avo 14 anni non compiuti ma  di statura alta ero costantemente fermato dalle pattuglie fasciste e tedesche mi chiedevano i documenti, la carta d’identità che non possedevo perché veniva rilasciata solo al compimento dei 14 anni.
La data 25 aprile è stata come un interruttore che all’improvviso ha acceso una luce sconosciuta sul mondo.